Il mondo è sempre più scosso da emergenze che vanno ben oltre eventi naturali: siccità, epidemie e terremoti si intrecciano con crisi provocate dagli uomini, come guerre e collassi economici. Le crisi umanitarie rappresentano una piaga globale crescente. È fondamentale distinguere tra disastri naturali, come terremoti o uragani, e disastri non naturali, causati da guerre, povertà o instabilità politica. Comprendere questa differenza aiuta a migliorare la prevenzione, la gestione degli aiuti e le strategie di risposta umanitaria a livello internazionale. Comprendere questa doppia faccia della sofferenza globale è fondamentale per avere consapevolezza di come stanno le cose e di comprendere come agire.
Crisi naturali: clima, terremoti ed epidemie
I cambiamenti climatici stanno moltiplicando gli eventi estremi. Solo nel 2024 si sono verificati oltre cento disastri naturali legati al clima, ovvero uno ogni tre giorni, causando centinaia di migliaia di morti e orde di sfollati. Stando al report. Dai dati CESVI, nel 2024 ci sono stati oltre 200.000 morti tra guerre e disastri ambientali con oltre 117 milioni di sfollati. In Italia, nel 2024 si sono registrati 351 eventi meteo estremi, con impatti drammatici da siccità, alluvioni ed esondazioni. I disastri ambientali, dalle siccità prolungate ai super cicloni, provocano migrazioni climatiche silenziose ma massicce: entro il 2050 potrebbero esserci fino a 200 milioni di persone costrette a spostarsi a causa del clima.
Crisi indotte dall’uomo: conflitti armati
I conflitti sono protagonisti delle emergenze umanitarie. Nel 2024 si contavano 56 guerre attive, un livello mai visto dalla Seconda guerra mondiale. Solo il 2024 ha portato 26 nuove emergenze globali, di cui un terzo legate al clima, e l’UNHCR ha gestito 43 crisi, molte in aree di conflitto e in condizioni sempre più complesse. Il conflitto in Sudan ne è un esempio tragico: tra aprile 2023 e gennaio 2025, 8,8 milioni di sudanesi sono diventati sfollati interni e 3,5 milioni rifugiati nei Paesi vicini. In parallelo, la situazione nella Striscia di Gaza, oltre alla complessità dal punto di vista geopoliito, è degenerata in una crisi umanitaria amplificata dal blocco degli aiuti, con gravi violazioni del diritto alla salute e accuse di genocidio da parte delle Nazioni Unite.
Crisi economiche e collassi produttivi
Accanto a guerre e calamità naturali, anche le crisi economiche gravi contribuiscono a peggiorare le emergenze umanitarie. In Medio Oriente, ad esempio, nel secondo trimestre del 2024 il PIL della Striscia di Gaza è crollato dell’86%, e il tasso di povertà è passato dal 38% al 61%. A livello globale, anche in contesti in cui non ci sono guerre né crisi umanitarie, è l'inflazione e il carovita a generare problemi economici e anche le nazioni più stabili iniziano a traballare. La crisi economica paralizza sistemi vitali, compromette l’accesso al cibo, all’istruzione e ai servizi di base: è un altro strato che si aggiunge alla crisi umanitarie moderne.
Il ruolo degli enti umanitari
Gli enti umanitari in questo contesto sono essenziali per garantire le azioni più urgenti e portare sollievo nelle situazioni più drammatiche. Tra forniture di beni, assistenza sanitaria e anche sostegno psicosociale la richiesta di supporto nelle emergenze umanitarie è sempre attuale, ed è contemplata anche dall’offerta di studi accademici: oggi anche uno dei master dell'area scienze politiche può aprire le porte a queste attività descrivendo l'esigenza della gestione dei conflitti e dei processi di ricostruzione. Organizzazioni come UNHCR, WFP (World Food Programme) e UNICEF si sforzano di rispondere a bisogni senza precedenti: il WFP stima che servano 16,9 miliardi di dollari per il 2025 solo per rispondere all’insicurezza alimentare acuta nei 74 Paesi più colpiti. UNICEF, nel frattempo, punta a fornire assistenza integrata a oltre 1,8 milioni di persone, in particolare in contesti altamente vulnerabili come la Somalia.